Intervista a Roberto Ceccarelli
Lei è un giornalista appassionato di food , di se stesso ha detto che “ama il cibo, chi lo produce e chi lo lavora “Ci può spiegare meglio questa che sembra una “passione “ più che un lavoro?
Sono sempre stato attratto dalla cultura gastronomica e come giornalista ho avuto la fortuna di lavorare in diverse regioni italiane, arrivando a specializzarmi in questo mondo. In ogni angolo del Paese ci sono storie inerenti la cultura enogastronomica; storie di persone che producono, che trasformano materie prime uniche. La loro vita e il loro lavoro rappresentano un patrimonio inestimabile per tutti. Quando si visita una qualsiasi cittadina italiana, si trova sempre un argomento gastronomico che appassiona chi vi abita. Diventa un argomento immediato di conversazione, di scambio culturale, che mostra radici profonde.
Pensiamo alla celebre guida Michelin. La motivazione del podio più alto, le tre stelle, riconosce che la meta e l’esperienza che si può vivere in quel posto, da sole, rappresentano una motivazione esaustiva per affrontare un viaggio. Questo aspetto mi ha sempre colpito: vivere in ogni posto che si visita l’esperienza più profonda, quella che permea la vita quotidiana di ogni persona. Lo stesso ovviamente vale per il resto del mondo. Molto spesso mi è capitato di scegliere un paese di destinazione in base ai suoi prodotti. E di solito, come guida, scelgo i racconti delle persone che conosco. Se loro me ne parlano, significa che ne sono profondamente colpiti. E sicuramente ne varrà la pena. La curiosità è sempre lo stimolo migliore per viaggiare, no?
Lei è marchigiano, un territorio ricco di bellezze naturali, di materie prime eccellenti , di autenticità, l’unica regione Italiana al plurale. Quali sono, secondo lei gli aspetti che caratterizzano questa regione?
Al di là della definizione di plurale, che suona un po’ slogan di marketing come tanti, il plurale esiste in ogni singola cittadina, in ogni angolo d’Italia. Le Marche, per me hanno il fascino dell’esotico. Vuoi perché sono tra le regioni italiane meno conosciute, vuoi perché l’economia trainante qui è sempre stata la manifattura e l’industria. Il vero fascino delle Marche, gastronomicamente parlando, è nella cultura rurale diffusa. Ogni frazione ha il suo prodotto esclusivo, la sua preparazione storica. Potremmo dire,”Pasolinianamente”, che nelle Marche c’è ancora una forte autenticità dei prodotti. Non è un caso che grandi chef come Mauro Uliassi, autentico vanto e ambasciatore culinario di questa regione, attinga dall’entroterra per creare i suoi piatti e unirli agli ingredienti di mare. D’altronde, immaginiamo per un attimo le Marche senza produttori rurali di qualità. Quando c’è stato il terremoto, tutta l’area dei Monti Sibillini ha rischiato di sparire dal panorama produttivo. Caparbiamente, gli allevatori, i coltivatori, hanno continuato a produrre in maniera eroica. E questo è una salvezza per il territorio.
Nelle sue “storie” spesso ci ha raccontato di eccellenze nascoste delle Marche: dal farro che ha ritrovato una nuova vita , alla cicerchia , al ristorante rustico, alle trattorie “ignoranti”, le piace scoprire la verità, il lavoro, la passione , la qualità e la tradizione marchigiana .Il tartufo bianco di Acqualagna e zone limitrofe del Montefeltro (Tuber Magnatum Pico) appartiene alla categoria dei prodotti naturali, che crescono in maniera spontanea nei boschi e che sono una vera eccellenza e patrimonio, a partire dall’indotto che il tartufo stesso genera nelle Marche .
Secondo lei, da dove nascono queste eccellenze e come mai non sono ancora ri-conosciute a livello mediatico come altre eccellenze di altre regioni italiane?
C’e una candidatura per il tartufo da parte del Comune di Acqualagna a Patrimonio UNESCO , un titolo che sarebbe degno di questo importante fungo ipogeo, lei cosa ne pensa?
Raccontare storie significa essere aperti a qualsiasi esperienza. Non si può parlare solo di grandi chef o di chi gode già di fama consolidata. I prodotti spontanei sono già da soli un patrimonio da tutelare. Sono i più importanti. Non a caso, sono anche quelli che hanno maggior valore economico, perché non sono riproducibili se non attraverso i cicli della natura. I tartufi, specie il bianco pregiato, sono il miglior esempio in questo senso. Nel tartufo esistono tutti i caratteri per raccontare la sua storia. Il fatto che nasca sotto la terra, che serva il fiuto degli animali per cavarlo; la maestria nell’addestramento degli stessi da parte dell’uomo; le condizioni atmosferiche giuste e l’habitat incontaminato necessario affinché cresca. C’è tutto il necessario per affascinare qualsiasi animo incline alle cose belle. E fa bene una comunità come Acqualagna a chiederne una tutela “rinforzata”.
Se penso che cibi quotidiani di assoluto pregio e riconosciuti in tutto il mondo, penso al Parmigiano Reggiano, vengono prodotti in territori non troppo attraenti dal punto di vista paesaggistico (salvo casi specifici, come quelli prodotti sull’Appennino) mi viene da pensare anche che produrre un alimento di pregio in un ambiente paesaggistico ad alto valore è la perfezione. In più, si tratta di un prodotto non replicabile. Il fatto che sia indietro nella promozione a livello internazionale dipende sicuramente da investimenti in comunicazione non proporzionati alla sua importanza. Ma stiamo parlando di un “gioiello di alta oreficeria”. L’impegno dei produttori da soli, a volte non basta. Ci vuole quello di tutti.
La comunicazione è alla base del suo ruolo.Quali sono i canali che preferisce carta stampata?Digital?eventi ?PR?agenzia e blog e per quale motivo? Quali sono a suo avviso i media più moderni?
Un giusto mix di tutto ciò. La carta stampata vivrà ancora a lungo e rappresenta la qualità. Chi sprecherebbe la carta se non scrivendoci sopra cose approfondite? L’informazione digital è essenziale. Tutti cerchiamo informazioni su internet. Ma bisogna scegliere fonti autorevoli, che abbiano qualcosa voce in capitolo. I social? Fondamentali nel mondo in cui viviamo, ma evitando di utilizzarli come totem. Spesso contribuiscono a confondere; troppo spesso a “strizzare” la conoscenza con il rischio di banalizzare un contenuto. Gli eventi sono di grande aiuto. Devono essere inclusivi, in grado di portare gente interessata sul posto per vivere la stessa passione che anima gli abitanti di un territorio.
Come grande esperto di comunicazione cosa suggerirebbe per rendere più conosciuta la sua regione ed uno dei suoi “figli prediletti” come il tartufo e le aziende storiche di trasformazione dei prodotti a base di tartufo come la nostra T&C Tartufi?
Che ognuno faccia la sua parte e che tutti imparino a lavorare in rete. Che l’ospitalità sia alla base del lavoro di chi produce e che si coinvolgano le competenze giuste al momento giusto, senza rincorrere la contingenza, ma programmando per tempo. Che si dedichi il giusto tempo e le risorse opportune per comunicare, sapendo che i frutti nascono quando ci sono le condizioni. E soprattutto, che si sappia restare “genuini”, sempre. La vera forza del territorio è nelle persone che lo vivono.