Intervista a Maria Girolomoni, comunicazione e pubbliche relazioni
La frase di suo padre “la terra è nostra madre! Una madre che ti nutre e tu devi custodirla” è di per sé un programma etico di vita. Il legame e il rispetto di questo territorio credo sia alla base del vostro cammino, è così?
Tutto partì da questo concetto, ovvero custodire la terra attraverso la diffusione di un agricoltura che non la danneggiasse. In 70 anni son stati fatti più danni ambientali di quanti ne siano mai stati fatti prima.
Non si può continuare a produrre e consumare come se dopo di noi non dovesse venire nessuno. L’agricoltura biologica è stata la risposta al grido della terra ferita. Siamo tra le prime aziende italiane biologiche, a testimoniarlo sono processi giudiziari perché scrivevamo sull’etichetta della pasta “biologica” quando ancora in Italia non esisteva una legislazione che ne definiva le caratteristiche. Così nasce la Cooperativa Gino Girolomoni, inizialmente Cooperativa Alce Nero (marchio ceduto nel 2004).
Dalla desolazione e dall’abbandono grazie al vostro lavoro, non solo un’area è rinata, ma è anche diventata un faro per il Bio in Italia, il massimo del rispetto del territorio. Ci può spiegare il Bio che voi realizzare quotidianamente?
La cooperativa agricola scelse il grano come materia prima e la pasta come prodotto con cui andare nel mercato, ma dietro allo scopo imprenditoriale c’era l’intenzione più ambiziosa di diffondere l’agricoltura biologica al massimo e dare nuova prospettiva al mondo rurale. Nostro padre ha tenuto oltre 500 conferenze in tutto il mondo e noi facciamo del nostro meglio. Oggi su queste colline un tempo abbandonate salgono ogni giorno 70 persone a lavorare, abbiamo 400 aziende agricole associate, gran parte della Provincia di Pesaro e Urbino e della Regione Marche, ma anche di altre parti d’Italia. Vengono circa 8000 visitatori all’anno da tutto il mondo, che dormono nell’ antico Monastero di Montebello, che abbiamo interamente risollevato, mangiano in locanda prodotti biologici del territorio e visitano gli stabilimenti, per conoscere come nasce la pasta e toccare con mano un’utopia divenuta realtà.
Il nostro payoff è “Oltre il biologico” ovvero il biologico è il punto di partenza, non di arrivo ci sono altri aspetti che portiamo avanti come quello di giustizia nella retribuzione del grano agli agricoltori, quindi anche a noi stessi, l’investire in energie rinnovabili non appena possibile e cultura attraverso le attività della nostra Fondazione e quelle di altre realtà del territorio che seppur in ambiti diversi portano avanti la stessa causa.
Oggi la Cooperativa è un insieme di braccia, cervelli, passione e rispetto. Come siete riusciti ricreare il lavoro richiamando giovani sul territorio?
In realtà sono perlopiù giovani del territorio con cui stiamo crescendo insieme, a cui si aggiungono nuovi professionisti e figure interne con più esperienza.
Suo padre è stato definito contadino visionario, suo fratello ha portato avanti il concetto della filiera completa dal chicco di grano alla pasta. Ci racconta questa ultima avventura e come il territorio interagisce con voi?
Da quando Giovanni Battista è divenuto presidente nel 2012 si è passati da 35 a 70 collaboratori, il fatturato da 7 milioni a quasi 14, è stata installata una caldaia alimentata da cippato locale che manda il pastificio, è stato costruito e avviato il molino, l’anello che ci mancava per chiudere la filiera. Il sogno che nostro padre non è riuscito a vedere realizzato, la chiusura della filiera rappresenta un passaggio significativo che oltre ad un intero controllo qualitativo su tutti i passaggi, può garantire una migliore valorizzazione del lavoro agricolo e delle performance ecologiche, permettendo di ridurre gli sprechi e tagliare i costi di gestione e di trasporto. Con la messa in funzione di un proprio mulino ci è possibile controllare da vicino la lavorazione del grano in ogni fase, dalla semina alla coltivazione, dalla raccolta allo stoccaggio, dalla pulitura alla macinazione, per ottenere una semola su misura per il pastificio per mantenere in pasta le proprietà nutrizionali del grano.