Intervista a Maria e Massimo

Ci potete spiegare come vi è nata l’idea di iniziare un percorso verso IGP per il dolce tipico Bostrengo e perchè?

Prima di tutto ci piace raccontare come nasce l’idea di mettere in produzione il Bostrengo.

Abbiamo sempre creduto che l’eccellenza di un territorio potesse essere una forma di turismo anche dal punto di vista culturale.

Il Bostrengo è un dolce tipico delle Marche.
Le sue origini sono incerte, il Montefeltro e la zona dell’ascolano si contendono la paternità di questo dolce che assume nomi diversi, viene chiamato “Burlengo” in provincia di Pesaro – Urbino fino alla Romagna e “Frustingo” nel sud delle Marche.

Una delle sue particolarità è che la ricetta cambia da zona a zona .Inizialmente era un dolce dei poveri, veniva chiamato anche “svuotacredenza” poiché si usava un pò tutto quello che era in casa: pane raffermo, farina, noci, mele, fichi secchi e zucchero legati dall’ acqua purissima del Monte Nerone.
Nessuno aveva mai pensato di metterlo in produzione. Noi ci siamo riusciti.

La scelta di usare un dolce del passato per un progetto che parla di futuro non è casuale.
Il Bostrengo è un prodotto tipico che sa esprimere, forse meglio di altri, l’animo autentico della terra da cui nasce.
Ha l’aspetto sobrio e rassicurante dei dolci poveri di una volta, ma racchiude un mix di gusti delicati, genuini e ben calibrati.
Il Bostrengo sarà oggetto di una campagna di promozione gastronomica ed anche lo strumento per attuare una strategia a livello turistico e imprenditoriale.
Al Bostrengo di Apecchio, grazie alle sue peculiarità qualitative il nostro Comune ha riconosciuto il marchio DE.C.O, da sempre sinonimo e garanzia di qualità.
Vogliamo quindi tracciare linee guida ufficiali che codificheranno il processo di produzione del Bostrengo delle Marche, condivise dai produttori ed Enti, con l’obiettivo di raggiungere il marchio IGP.
Noi siamo il primo laboratorio ufficialmente riconosciuto.

Massimo, lei vive e promuove da sempre il territorio marchigiano, unendo cibo, tradizione, qualità, sport, turismo, ristorazione ed enogastronomia. Ci può raccontare cosa pensa di questo meraviglioso territorio Marchigiano, quali sono i suoi pregi ed eventualmente cosa manca per farsi riconoscere dal grande pubblico?

Penso che le Marche siano un vero contenitore pieno di tante eccellenze culinarie e non solo, un territorio magnifico che ha tante potenzialità, ma molto frammentato.
Forse il nome stesso al plurale ci aiuta poco da un lato, dall’altro lato vedo questa pluralità come una opportunità per “venderci nel mondo”.
sfida.
Spazi ampi, popolazione diffusa sul territorio, stili di vita semplici e sani, strutture a misura di famiglie sono gli assi nella manica sui quali le Alte Marche possono contare, per lo sviluppo di una destinazione turistica d’eccellenza in questo momento.
I piccoli borghi sono la meta ideale per un turismo che sarà fatto di soggiorni di pochi giorni, weekend lunghi, diffusi lungo tutto l’arco dell’anno, visitando luoghi diversi in poco tempo.
Lavorare in questa direzione richiederà di valorizzare e facilitare il contatto con le eccellenze gastronomiche di queste terre, anche attraverso itinerari tematici regionali.
La rinnovata attenzione alla spiritualità consente nuove opportunità anche nel campo del turismo religioso, anche in questo caso attraverso percorsi dedicati e personalizzati.

Massimo, Lei è stato il fautore dell’alogastronomia , ci può spiegare cosa significa e in che cosa si concretizza con il profondo legame con il territorio?Il tartufo , ed i relativi prodotti che ne derivano, come si inseriscono in questa food map?

Da ormai più di dieci anni Apecchio ospita ben tre stabilimenti di produzione di birra, Birra Amarcord, Tenute Collesi e il microbirrificio Venere ed a seguire il beer firm Mochimash. Qui sgorga acqua purissima direttamente dal Monte Nerone e il clima favorisce la produzione di orzo di qualità.

È per questo che Apecchio può fregiarsi del titolo di Prima Città della Birra Italiana. Apecchio è riconosciuto come “Capitale dell’Alogastronomia”, un luogo magico dove l’abbinamento di birra e tartufo si trova tutto l’anno.

Nasce così l’originale idea dell’alogastronomia, neologismo coniato ad Apecchio per indicare le connessioni virtuose tra birra artigianale, prodotti di qualità e territorio.
Oggi grazie al progetto dell’Alogastronomia è stato creato un circuito tra ristoratori, Birra e Tartufo tutto l’anno – l’Alogastronomia.
L’obiettivo è quello di allargare il circuito, renderlo territoriale e dare questa offerta tutto l’anno in tutto il territorio.
Credo in una forte collaborazione tra tutte le eccellenze delle Alte Marche.