Intervista ad Andrea Fraboni Redattore capo del Corriere Adriatico
Sei un profondo conoscitore del territorio marchigiano, delle sue eccellenze: vino, olio, pasta e della ristorazione. Cosa ha questo territorio di speciale? Il tartufo per esempio nasce solo in territori incontaminati, cosa puoi raccontarci delle eccellenze marchigiane, dell’agricoltura e del territorio?
La cosa più importante è il profondo legame degli uomini con la loro terra.
Le Marche hanno vissuto per molto tempo una parcellizzazione del territorio, ogni casolare aveva la propria strategia perdendo in sinergia. Oggi c’è stata un’evoluzione importante. Sono nati consorzi come quello del vino IMT (Istituto Marchigiano Tutela di Vini) che permettono anche a piccole realtà di essere conosciute e riconosciute nella loro eccellenza.
L’eccellenza e la qualità vengono dalla terra, da questa posizione strategica della regione che unisce il lato marittimo delle coste con il loro clima mite con il clima collinare perfetto per l’ulivo, la vite e il tartufo, fino alla montagna più selvaggia. Oggi anche Acqualagna è un brand con il suo tartufo bianco.
La tua è una ricerca continua per l’eccellenza nel food and beverage, è una passione o un lavoro?
Nessuna delle due opzioni. In realtà circa 20 anni fa mi sono avvicinato con molta umiltà al settore vinicolo grazie a due maestri Ampelio Bucci “vignaiolo” e storico produttore del Verdicchio nella sua azienda vicino a Senigallia e ad Alberto Mazzoni enologo .
Devo dire che ancora oggi il tempo che impiego per assaggiare un vino è lunghissimo rispetto ai miei maestri, forse anche perché come dice il sig Antonucci della casa vinicola Santa Barbara alla domanda qual è il tuo segreto? risponde “fare il vino che piace prima di tutto a me“.
Oggi gli impegni professionali non mi permettono di dedicarmi al food and beverage come vorrei. Vorrà dire che, quando sarò in pensione troverò il modo per occuparmene al 100%. Oggi me ne occupo poco purtroppo, con la rubrica che guido da lontano sul Corriere Adriatico.
Devo dire che riconosco inoltre ad una donna Silvana Fiorini, il merito di avere per prima reinvestito nel Bianchello del Metauro, quando nessuno aveva fatto ancora nulla .
Il vero grande problema può essere rappresentato dal ricambio generazionale, è auspicabile che dalla crisi, i giovani che si sono spostati al Nord possano rientrare ed occuparsi della azienda di famiglia, come sta avvenendo già in molte aziende.
Come racconti al grande pubblico le bellezze di questo territorio?
Le tue conoscenze sono il punto di partenza, ma come riesci ad arrivare alle persone che leggono la tua rubrica sull’enogastronomia, a tutte le persone, anche quelle meno esperte?
I miei racconti sono figli della mia formazione professionale, nasco come cronista di nera e giudiziaria nel gruppo L’espresso, dove la prosa, il racconto doveva essere scarno, chiaro e concreto.
Forse questa esperienza mi ha aiutato ad essere concreto, essenziale.
Mi riconoscono infatti, da sempre, una grande chiarezza nell’esposizione, e ho avuto nel tempo positivi riscontri su quanto racconto riguardo ristoranti, locali o aziende. Devo dire che questa cosa è per me di grande soddisfazione.